La Veglia Pasquale/“Questa è la notte in cui Cristo risorge vincitore dal Sepolcro”

La Veglia Pasquale/“Questa è la notte in cui Cristo risorge vincitore dal Sepolcro”

da L’Ora del Salento

La Chiesa annuncia e attende la venuta definitiva del suo Signore.

“Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione” (Es 12, 42). Al culmine del racconto minuzioso e puntuale della prima Pasqua degli israeliti, quella dell’u­scita dall’Egitto, l’autore Sacro nel cominciare a stilare un primo reso­conto dell’evento (per 430 anni è durata la schiavitù del popolo scel­to nella terra del faraone), getta lì, quasi inconsapevolmente, un’affer­mazione che non si riesce a com­prendere se abbia il tono dell’ordi­ne perentorio, anticipazione della Legge che presto sarà consegnata al popolo da Dio, oppure ha il tono della profezia. Quasi a dire ciò che da lì in avanti accadrà nella storia del popolo eletto. I dubbi ci sono tolti dall’affermazione che precede: “Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dal paese d’Egitto” (Es 12, 42). Sarà notte di veglia per gli uomini e le donne, ogni anno, di generazione in generazione, perché in “quella” notte, unica e speciale, irripetibile e straordinaria, Dio ha vegliato. Qui è già contenuto il senso di ciò che è e sarà per sempre il rito della Pasqua per gli ebrei: lo “zikkaròn”. Qui c’è già il significato di ciò è e viviamo noi cristiani nel mistero della nostra salvezza: il “memo­riale” della Pasqua di Cristo Gesù. L’Evento della salvezza, avvenuto una volte per tutte, permette il rinnovarsi dei suoi effetti di grazia nell’oggi per mezzo della celebra­zione, per mezzo del rito.

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L’Eterno Dio, il senza tempo, ha vissuto una notte di attesa e di azione. Ci sono in questa descrizione i tratti umani del volto di Dio. Per questo motivo S. Agostino definisce la veglia di Pasqua come la madre di tutte le veglie. “In questa notte il Signore è “passato” per salvare e liberare il suo popolo oppresso dalla schia­vitù; in questa notte Cristo “è pas­sato” alla vita vincendo la grande nemica dell’uomo, la morte; questa notte è celebrazione-memoriale del nostro “passaggio” in Dio attraver­so il battesimo, la confermazione e l’eucaristia” (Dal Messale Roma­no). Ciò che compie Dio diventano le azioni dell’uomo. Così anche la Chiesa, nuovo popolo dell’Alle­anza, diviene capace di “vegliare” e “agire”, come il suo Signore. Questi due atteggiamenti dicono l’identità stessa della Chiesa. In questa veglia celebrata la Chiesa annuncia e significa che essa stessa è costantemente in attesa: attende la venuta definitiva del suo Signo­re. Qui la liturgia permette la pre­senza viva, nei segni, dell’evento cardine della salvezza: la morte e risurrezione di Gesù. È chiaro che tutte le volte che la Chiesa celebra è sempre Pasqua, ma la ricorren­za annuale acquista una forza in più perché “ci rappresenta quasi visivamente il ricordo dell’evento” (S. Agostino).

Stefano Spedicato 

IL LUCERNARIO

Il lucernario, che dà inizio alla Veglia pasquale, prende il nome proprio dall’elemento naturale che fa da protagonista, la luce, la quale, essendo simbolo, rimanda a ciò che in essa è significato, a Cristo, la Luce del mondo.

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Riunita nell’oscuri­tà fuori della chiesa, l’assemblea cristiana, in misteriosa comunione con il cosmo intero, si pone quasi simbolicamente sulle soglie della storia della salvezza, partendo da lontano, dalla notte del caos primordiale, dall’oscura lontananza della morte per camminare verso la luce della vita, che è il Cristo risorto. Ancora oggi sull’umanità incombe la notte dell’assenza di Dio, la notte della solitudine che è chiusura alla comunione, la notte dell’attesa di Qualcuno di cui si sente un bisogno insopprimibile, una nostalgia incolmabile. 

Francesco Morelli 

IL CERO PASQUALE

Il Cero Pasquale è simbolo di Cristo Risorto. Durante il lucernario, con gesti molto precisi, il Celebrante traccia sul Cero un segno di croce e la prima e l’ultima parola dell’alfabeto greco, configurandolo così a Cristo, Dio eterno. Portato in processione in ricordo della colonna di fuoco che accompagnava il popolo ebreo nel cammino dell’esodo, dalla sua uni­ca fiamma, sono accese le candele dell’assemblea.

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Frutto del lavoro delle api, la sua cera alimenta questa preziosa luce. La sua fiamma illumina l’assemblea liturgica fino a Pentecoste, ricordandoci di vivere come figli della luce. 

Gianmarco Errico 

L’EXULTET

Il canto dell’Exultet che si canta durante la Veglia Pasquale è un poema impastato di gratitudine e di vita al Signore Dio che ha liberato il suo popolo dai lacci della morte lo ha riscattato e lo ha riconsegnato ad una esistenza buona, piena e fedele. Per questo possiamo esclamare: “Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste, un inno di gloria saluti il trionfo del Signore Risorto”.

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Si, possiamo gioire perché è risorto il Signore della Vita canta ed esulta, cercatore di Dio, perché non c’è più posto nel tuo cuore per la morte. Siamo pensati e sognati per la vita, per donare vita e per portare spazi di vita in mezzo alla nostra quotidianità.

Francesco De Matteis 

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